
Pesce sempre più presente nelle cucine pugliesi - zafferanodop.it
Con l’arrivo del caldo i pugliesi scelgono piatti leggeri e prodotti ittici, ma la filiera locale è in crisi e l’importazione cresce. In aumento anche le frodi.
Con l’estate alle porte e le temperature in rialzo, le abitudini alimentari dei pugliesi stanno cambiando. Si va verso piatti più leggeri e consumi più frequenti di prodotti ittici, sia in casa che fuori. Secondo i dati diffusi da Coldiretti Pesca Puglia, la domanda di pesce è aumentata del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il problema, però, non è nella richiesta, ma nell’origine di ciò che finisce nei piatti: ben l’80% del pesce acquistato e consumato in regione arriva dall’estero, mentre la produzione locale continua a ridursi.
Una situazione che preoccupa e che spinge a riflettere sullo stato del settore ittico regionale, che da trent’anni affronta una crisi strutturale. In Puglia operano 1.455 battelli, pari al 12,3% della flotta italiana, per un valore economico complessivo di 225 milioni di euro. Le aree più attive restano Manfredonia, Molfetta, il sud Barese e il Salento, dove si pescano soprattutto gamberi, scampi, merluzzi, spigole, orate e ombrine. Ma i volumi non bastano più. La domanda supera largamente l’offerta locale, e il mercato si affida sempre di più alle importazioni.
Importazioni record, frodi in aumento e poca trasparenza nei ristoranti
I numeri raccontano una sproporzione evidente: ogni anno nei mari italiani si pescano circa 180 milioni di chili di pesce, a cui si aggiungono 140 milioni provenienti dall’acquacoltura. A fronte di questo, le importazioni superano il miliardo di chili. Una differenza enorme che, secondo Coldiretti, rappresenta terreno fertile per falsificazioni e frodi alimentari. I casi documentati vanno dal pangasio del Mekong venduto come cernia, al polpo del Vietnam etichettato come prodotto locale, fino allo squalo smeriglio servito al posto del pesce spada.

Il problema si aggrava nella ristorazione, dove manca l’obbligo di indicare in menu la provenienza del pesce. Il consumatore, di fatto, resta all’oscuro. Coldiretti ricorda che sui banchi di pescheria è obbligatoria l’etichetta con l’area di pesca (sigla GSA): quelle italiane sono la 17 e 18 (Adriatico), la 19 (Jonio), la 10 e 11 (Tirreno) e la 16 (Sicilia). Ma a tavola questa trasparenza non è garantita.
Legge “Salva Mare”, mercati educativi e miglio zero: così si difende il pescato italiano
Sul fronte ambientale, Coldiretti rilancia il valore della legge Salva Mare, che consente ai pescatori di raccogliere la plastica finita nelle reti e conferirla nei porti come rifiuto, svolgendo un ruolo attivo nella tutela dell’habitat marino. Diversi progetti di sensibilizzazione sono già in corso, con il coinvolgimento di comunità locali, associazioni e mercati contadini. In Puglia, in particolare, si moltiplicano le iniziative nei punti vendita di Campagna Amica, con eventi e attività pensati per informare i cittadini sulle differenze tra pesce locale e importato.
L’obiettivo è quello di favorire un acquisto consapevole, promuovendo il principio del “miglio zero”, che protegge non solo la salute dei consumatori, ma anche il lavoro dei pescatori e l’equilibrio degli ecosistemi marini. Scegliere un pesce tracciabile, pescato nei nostri mari, significa sostenere l’economia del territorio e limitare gli impatti ambientali. La sfida è aperta, e passa anche dal piatto.